Anoressia e bulimia spettro giovanissime. Prevenire dall’infanzia

Anoressia e bulimia colpiscono oggi tra le 150 e le 200mila donne solo in Italia. Rappresentano la prima causa di morte per malattia tra le giovani italiane di eta’ compresa tra i 12 e i 25 anni. I dati diffusi dal Sisdca, Societa’ italiana per lo studio dei disturbi del comportamento alimentare, ci danno un quadro sconfortante, ma qualcosa e’ possibile fare fin dall’infanzia. Giovanni Porta, psicoterapeuta romano, vuole dare una mano ai genitori su questo problema, proprio in occasione della giornata nazionale del del ”Fiocchetto Lilla” per la sensibilizzazione dell’opinione pubblica sul problema dei Disturbi del Comportamento Alimentare.

”Le cause dell’insorgere dei disturbi nel comportamento alimentare – spiega – possono essere molteplici. Alcuni fattori sono esterni alla famiglia, e riguardano ad esempio il contesto che la persona (spesso adolescente) vive fuori da casa, ad esempio scuola e amicizie; inoltre, difficilmente questo tipo di disturbi si instaura senza un fattore scatenante, vale a dire un episodio difficile o stressante che coinvolge la persona. Altri fattori, invece, riguardano la vita familiare sia in eta’ infantile che pre-adolescenziale e adolescenziale, e proprio su questi fattori si puo’ fare prevenzione, iniziando dalle piccole cose”.

A cominciare dall’aiuto e dall’ascolto: ”Aiutate i vostri figli quando sono piccoli a dare un nome alle sue emozioni.

Puo’ sembrare una cosa scontata – spiega lo psicoterapeuta – ma insegnare al bambino a dare un nome ai vari stati emotivi, e insegnargli a metterli in relazione con quanto gli sta capitando, e’ un modo importante per fargli sviluppare un senso di auto-efficacia che gli consentira’ progressivamente di riconoscere autonomamente i suoi bisogni ed emozioni, e provare a soddisfarli lui stesso, se possibile, oppure chiedendo aiuto a qualche adulto”. E no alla colpevolizzazione: ”Condannare le emozioni meno accettabili socialmente, come ad esempio la rabbia o il dolore, non migliora la situazione di chi le prova, anzi.

Le famiglie di origine sia delle pazienti anoressiche sia di quelle bulimiche sono spesso molto attente alle apparenze, e quando i figli manifestano malessere, esso non viene gestito e risolto, ma ignorato o peggio colpevolizzato”.

”La rabbia – aggiunge – e’ un’emozione particolare: si ‘accende’ quando il nostro spazio (fisico o psichico) viene invaso, oppure quando una nostra aspettativa viene delusa. La rabbia piu’ profonda e’ pero’ quella generata da un miscuglio di tristezza e impotenza. Quest’ultimo tipo di rabbia e’ molto evidente nelle anoressiche, le quali hanno visto per anni frustrati i propri bisogni di accoglimento e comprensione, avendo di fronte genitori poco empatici e interessati per lo piu’ a sbrigare bene il compito del loro accudimento fisico”.

Dunque, i genitori devono cercare di rassicrare, non di generare paure: ”Le figure genitoriali di molte bulimiche generano spesso confusione, in quanto alle volte sono rassicuranti e disponibili, altre volte invece sono loro a generare paura, attraverso comportamenti inappropriati o violenti, oppure perche’ sono in preda a paure proprie che passano alle figlie. Anche se siete genitori, non e’ detto che non abbiate paura o sconforto, non c’e’ nulla di male.

Non dimenticate pero’ di nutrirvi, e costruire per voi stessi un posto dove essere rassicurati, se necessario, e nutriti.

Questo posto puo’ essere la relazione col partner, con gli amici, con altre figure di riferimento. Se non avete nessuna di queste persone chiedete l’aiuto di un professionista, ma non lasciate che le vostre collere e le vostre paure pesino sui vostri figli, soprattutto quando sono piccoli”.

(Fonte: SaluteOggi – ASCA.it)

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