Olio, Cnr: Italia insiste su qualità non su produzione intensiva

L’Ivalsa: “L’export cala ma non possiamo seguire la Spagna”

Nella classifica mondiale della produzione di olio di oliva l’Italia sta indietreggiando: a fronte di circa 1110 mila tonnellate di olio prodotte nel 2013 dalla Spagna, il nostro Paese è fermo a 442 e perde costantemente quote nell’export, con allo stesso tempo la necessità di dover acquistare olio da altri Paesi per rispondere alla domanda interna. Eppure all’Italia non conviene seguire il modello intensivo della Spagna, ma dovrebbe puntare sull’elevata qualità e sulla biodiversità della sua produzione: nel mondo esistono circa 1612 varietà di olivo, di queste 538 sono italiane e di queste 80 toscane.

E’ quanto emerso nel corso del convegno “Germoplasma, ambiente, alimentazione: la produzione oleicola italiana di qualità secondo il Cnr”, organizzato venerdì scorso dal Cnr-Ivalsa, l’Istituto per la Valorizzazione del Legno e delle Specie Arboree del Consiglio Nazionale delle Ricerche, nell’azienda “Santa Paolina” di Follonica (GR), sua base sperimentale.

Per dare un’idea della discrepanza tra domanda interna e produzione italiana di olio, da gennaio a dicembre – secondo elaborazioni Cnr su dati Ismea – sono giunte dall’estero ben 666 mila tonnellate di olio di oliva e sansa, mai così tante negli ultimi 20 anni, con una spesa che ha superato il miliardo e mezzo di euro. Ma biodiversità, ricerca e innovazione – è stato sottolineato durante il convegno – possono costituire i punti di forza per la rinascita di una delle nostre produzioni di eccellenza. “Gli spagnoli – ha spiegato Mauro Centritto, direttore del Cnr-Ivalsa – hanno imposto il proprio modello sui mercati internazionali, creando vivai in tutto il mondo, puntando principalmente su una produzione super intensiva, con un numero limitato di varietà (in generale non più di tre) che producono un olio qualitativamente di massa, e sulla raccolta meccanica, nell’ottica di una riduzione dei costi. In Italia non possiamo seguire il modello spagnolo, ma dobbiamo puntare sull’elevata qualità, frutto della nostra storia e del nostro territorio, e sulla nostra biodiversità: nel mondo esistono circa 1612 varietà di olivo, di queste 538 sono italiane e di queste 80 toscane. Noi dobbiamo far leva sulle proprietà nutrizionali, ovvero sulla qualità superiore, dell’olio extra-vergine d’oliva Italiano. E dobbiamo ricostruire una cultura dell’olio extra-vergine d’oliva italiano anche attraverso percorsi del gusto che permettano di associare ai caratteri organolettici dell’olio le caratteristiche nutrizionali”.

“Come con il vino – ha proseguito il direttore dell’Ivalsa – anche per l’olio possiamo lavorare su cultura, ricerca e innovazione, promuovendo il nostro primato sulla qualità. Ed è appunto su questo fronte che è impegnato il nostro Istituto insieme alle imprese, le quali hanno ben capito dove sta il problema, ma hanno bisogno di sostegno, di sperimentazione e di scelte politiche precise. Serve insomma – ha esortato Centritto – un grosso piano olivolicolo nazionale con finanziamenti mirati e interventi di natura strutturale”.

Tra i relatori al convegno anche Gino Paoli, che ha portato la sua testimonianza in qualità di produttore di olio extravergine di oliva: “Faccio l’olio – ha spiegato il cantante – perché lo faceva mio padre e prima mio nonno e prima ancora il mio bisnonno. Sono produttore di quinta generazione e per me l’olio è una passione di vita. Nel fare il produttore vedo due problemi e opportunità principali: i cambi climatici e la tutela e la valorizzazione delle piante e della produzione di olio italiano. L’olio di alta qualità fa bene alla salute, l’olio cattivo fa male. L’impegno del governo e della politica dovrebbe essere più alto nel salvaguardare e sostenere il nostro patrimonio nazionale unico al mondo”.

L’azienda sperimentale di Santa Paolina del Cnr-Ivalsa lavora da anni con le imprese per valorizzare e innalzare la qualità dell’olio extravergine di oliva. Uno scambio proficuo tra aziende private e mondo della ricerca che tocca l’intera filiera di produzione, dai nuovi sistemi di certificazione delle piante alla messa a punto di moderne strategie di fertilizzazione e di difesa, dai nuovi prodotti per la chiarifica e la filtrazione allo sviluppo di prodotti a base di cacao e olio extravergine. “L’azienda del Cnr – spiega Claudio Cantini, tecnologo di Ivalsa e responsabile di molti progetti legati all’olio extravergine – conserva una delle più vaste collezioni mondiali di varietà di olivo. Questo enorme patrimonio di biodiversità ha già fornito importati informazioni sulle potenzialità degli oli monovarietali, ma potrà essere di grande utilità in diversi altri campi di ricerca sia di base sia applicata. In questo momento Ivalsa è impegnato nello studio di moderne tecnologie per lo studio degli stress ambientali quale l’applicazione di sensori a contatto della pianta o portati a distanza da droni”.

Fonte: Askanews.it

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