Fino a 7 bambini su 10 hanno carenza di vitamina D

Consensus promossa dalle società pediatriche Sip e Sipps con Fimp

La carenza di vitamina D interessa tra il 50 e il 70% dei bambini italiani. Insufficiente esposizione solare, stili di vita errati, allattamento esclusivo prolungato al seno, obesità e colore della pelle sono i principali fattori di rischio. La questione viene esaminata nella prima Consensus sulla vitamina D in età pediatrica, promossa dalla Società Italiana di Pediatria (SIP) e dalla Società Italiana di Pediatria Preventiva e sociale (SIPPS), in collaborazione con la Federazione Medici Pediatri (FIMP). Si tratta del primo documento del genere nel nostro Paese e fornisce le raccomandazioni mirate alla prevenzione dell’ipovitaminosi D in età pediatrica, individuando i soggetti a rischio ed indicando le modalità di profilassi/trattamento.

Spiega Giuseppe Saggese, Presidente della Conferenza Permanente dei Direttori delle scuole di specializzazione in Pediatria e coordinatore e scientifico della Consensus: “Nuove evidenze suggeriscono che la vitamina D ha un ruolo positivo in alcune patologie autoimmuni, come il diabete mellito 1 e l’artrite idiopatica giovanile, ma anche nell’asma, nel broncospasmo e nelle infezioni respiratorie ricorrenti. Alcuni studi hanno messo in luce che i bambini con queste infezioni hanno livelli più bassi di vitamina D e si è visto anche che la vitamina D ne migliora il decorso”.

“L’ipovitaminosi D, condizione che va dall’ insufficienza al deficit di vitamina D, riguarda oltre un bambino su due, con punte massime in epoca neonatale e nell’adolescenza, dove si arriva a percentuali del 70% – spiega il Presidente SIP Giovanni Corsello – il primo fattore di rischio è la scarsa esposizione solare, principale fonte di approvvigionamento della vitamina D. Il nostro organismo infatti la produce attraverso la sintesi cutanea indotta dall’esposizione ai raggi solari. Gioco e attività fisica all’aria aperta dovrebbero essere maggiormente incoraggiati soprattutto durante la bella stagione, soprattutto fra gli adolescenti che registrano i deficit più elevati di vitamina D anche a causa di stili di vita errati, come passare molte ore chiusi in casa davanti al computer o alla tv e non fare attività fisica”. L’allattamento al seno esclusivo prolungato, senza supplementazione di vitamina D, tipico di alcune culture come quelle araba o africana, è un fattore di rischio perché il latte materno, pur essendo l’alimento ideale per il neonato, non contiene quantità sufficienti di vitamina D. A rischio i bambini obesi perché il tessuto adiposo “sequestra” la vitamina D e quelli con la pelle scura perché questa non permette ai raggi solari di filtrare.

La Consensus raccomanda la profilassi con vitamina D per tutti i neonati per tutto il primo anno di vita, indipendentemente dall’allattamento. Infatti né il latte materno, né quello in formula (anche se addizionato) riescono a soddisfare il fabbisogno giornaliero di vitamina D. Profilassi anche per tutte le donne in gravidanza o che allattano.

Da 1 a 18 anni la profilassi giornaliera è raccomandata solo nei soggetti a rischio: bambini di etnia non caucasica ed elevata pigmentazione, con ridotta esposizione solare, che seguono regimi alimentari inadeguati come la dieta vegana, bambini con insufficienza renale o epatite cronica, obesi, affetti da malattie infiammatorie croniche o da celiachia.

Fonte: Askanews.it

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