Il sonno fondamentale contro l’invecchiamento cerebrale

Istruzioni per l’uso dalla Settimana Mondiale del Cervello

Il sonno e l’invecchiamento cerebrale sono strettamente correlati: da un lato, dormire poco e male contribuisce al declino cognitivo e al rischio di demenza; dall’altro, durante la senilità si assiste ad un’alterazione del ciclo sonno/veglia con maggiore vulnerabilità a stimoli esterni a causa della riduzione delle onde delta del sonno profondo, con conseguente maggior frammentazione del sonno. Insomma, il sonno rappresenta un’attività fondamentale per l’uomo: un terzo della vita, infatti, si trascorre dormendo. Ma non sempre si riesce a dormire bene, a causa di uno stile di vita frenetico, di comportamenti inadatti o di malattie del sonno, spesso ignorate o sottovalutate.

Sulla problematica dei disturbi del sonno i riflettori vengono puntati in occasione della Settimana Mondiale del Cervello, dagli esperti della Società Italiana di Neurologia (SIN).

“I disturbi del sonno colpiscono circa 13 milioni di italiani – ha affermato Gianluigi Gigli, Ordinario di Neurologia presso l’Università di Udine -. I principali sono l’insonnia, che, in forma più o meno grave, colpisce circa il 41% della popolazione, la sindrome delle apnee in sonno, di cui soffrono circa 2 milioni di italiani, la sindrome delle gambe senza riposo, che colpisce 3 milioni di italiani, ed i disturbi del ritmo circadiano. I disturbi del sonno si associano spesso ad altre malattie, soprattutto a carico del Sistema Nervoso”.

Ad esempio, i soggetti affetti da decadimento cognitivo sono frequentemente colpiti anche da alterazioni del sonno. La sindrome delle apnee in sonno è un fattore di rischio riconosciuto per malattie cardio e cerebrovascolari. I pazienti affetti da epilessia lamentano frequenti disturbi del sonno quali insonnia, eccessiva sonnolenza diurna, apnee nel sonno, sonno notturno frammentato, movimenti periodici degli arti in sonno, che spesso sono un fattore limitante il corretto controllo delle crisi. La sclerosi multipla è invece associata a svariati disturbi del sonno, quali insonnia, spasmi notturni, narcolessia, disturbi respiratori in sonno e, in particolare, alla sindrome delle gambe senza riposo.

Una riduzione dell’efficienza cognitiva potrebbe significare l’inizio di un decadimento cerebrale, ma i meccanismi di compensazione attuati sono tali che l’espressione clinica si realizza molto tardivamente rispetto ai cambiamenti biologici.

“In generale – sottolinea Leandro Provinciali, Presidente SIN e Direttore della Clinica Neurologica e del Dipartimento di Scienze Neurologiche degli Ospedali Riuniti di Ancona – è la memoria di episodi che viene inizialmente compromessa e, successivamente, la rievocazione di nomi propri. Quando persistono, quindi, difficoltà delle abilità cognitive, soprattutto memoria e attenzione, è bene rivolgersi al neurologo che valuterà se indagare ulteriormente con esami specifici, qualora si escludano fattori esterni come disturbi del sonno, stress, alimentazione, farmaci e altro”.

Fonte: Askanews.it

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